26.1.07

L'uso dei termovalorizzatori nel ciclo integrato dei rifiuti in Campania

Mercoledì 24 gennaio alla Facoltà di Architettura di Via Tarsia si è discusso con Massimo Menegozzo, Direttore tecnico dell’ARPAC, dell’”Uso dei termovalorizzatori nel ciclo integrato dei rifiuti in Campania”. L’auspicio del Forum Tarsia di promuovere una discussione “di approfondimento”, basata in primo luogo sull’analisi critica dei dati e delle conoscenze attualmente disponibili, per innestare poi su di essi una riflessione il più possibile “ragionata”, può dirsi nel complesso realizzato, anche per la chiarezza degli interventi e per il clima sereno e civile del confronto. Nell’aula accanto a cittadini della zona Tarsia, del Centro storico e del Vomero erano presenti anche esponenti di associazioni ambientaliste e di “cittadinanza attiva” della città (oltre al Forum Tarsia, l’ACUSP, il WWF, il Comitato “Mi riguarda”, l’Assise di Palazzo Marigliano e Allarme Rifiuti Tossici).
Introducendo l’incontro, Sergio Bizzarro del Forum Tarsia ha sottolineato la necessità – soprattutto per chi crede nella democrazia partecipativa e nel ruolo che tutti i cittadini devono assumere nei processi decisionali – di creare luoghi di riflessione sottratti alla “semplificazione” spettacolare o degli schieramenti precostituiti; luoghi in cui possano prender forma liberamente i “giudizi” delle persone anche in merito a problemi di non facile approccio, come appunto quella dei termovalorizzatori. D’altra parte l’aspetto controverso della questione è stato messo in evidenza sin dall’inizio da Massimo Menegozzo che non si è detto possessore di alcuna certezza e ha invitato metodologicamente a porre il tema all’interno del contesto campano, evitando, almeno all’inizio della riflessione, la facile contrapposizione “a favore/contro”. Il dato da cui partire è l’esistenza di un’anomalia “campana”: da dodici anni infatti la nostra Regione vive un’emergenza rifiuti ed è in qualche modo scontato che ci siano “interessi forti”, non ultimi quelli della camorra, perché si mantenga la situazione “di stallo” attuale. D’altra parte in questo periodo la classe dirigente non ha preso in alcun modo in considerazione la possibilità di dar vita ad un ciclo integrato dei rifiuti, come ad esempio è accaduto a Brescia, e, magari, all’interno di questo, collocare anche l’ipotesi della costruzione o meno di un termovalorizzatore. Lo stesso proponimento di procedere alla raccolta differenziata, possibile alternativa, non ha trovato poi una reale volontà di attuazione, per cui al momento è del tutto utopistico pensare che nell’immediato futuro si riescano a raggiungere le percentuali di raccolta previste dalla legge.
La scelta negli anni ’90 di costruire l’impianto ad Acerra è stata “calata dall’alto”, al di fuori di ogni possibile consultazione delle Istituzioni e delle comunità locali, ma soprattutto al di fuori di un convincente ragionamento generale sul modo migliore di risolvere il problema. L’allarme della popolazione e dell’opinione pubblica si è concentrata a questo punto soprattutto sulle significative concentrazioni di diossina presenti nella zona.
Dopo una prima Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) fatta nel 1999, estremamente carente, nel 2004 ne è stata portata a termine una nuova, ad opera di una quarantina di esperti che hanno valutato gli effetti di una possibile collocazione dell’impianto sul territorio di Acerra, dopo aver verificato con attenzione le condizioni di rischio precedenti, legate alla presenza di insediamenti industriali, alla possibile contaminazione delle falde acquifere (a causa della mancanza di un collettore in grado di collegare le acque ad un depuratore già esistente in zona) e al traffico intenso. Si parla a proposito di territorio ad alto fattore di rischio. Questa VIA ha pertanto determinato delle sostanziali modifiche al progetto, attivando nel contempo un monitoraggio più frequente della diossina presente sul territorio. A fronte di questo scenario sicuramente inquietante, c’è un ulteriore dato sconfortante su cui riflettere: secondo le previsioni degli esperti, quando verrà attivato il termovalorizzatore, la quantità di diossina prodotta potrebbe essere inferiore a quella oggi presente in loco, effetto dei “fuochi” selvaggi spesso attizzati dalla popolazione esasperata. Massimo Menegozzo ha messo a disposizione delle associazioni presenti i dati di cui è in possesso.
Il dibattito a seguire è stato interessante e costruttivo e se ne da qui solo una breve sintesi.
Massimo Ammendola, del Comitato Allarme Rifiuti Tossici ha rimarcato l’estrema pericolosità di un possibile funzionamento di un termovalorizzatore in una zona già profondamente inquinata, ricordando tra l’altro come la combustione apra ulteriori problemi di smaltimento, come quello delle ceneri prodotte, e proponendo come alternativa la cosiddetta “gestione a freddo dei rifiuti”. Antonio Pastena, associato al “Forum Tarsia”, rifiutando facili ipotesi di soluzione alternative, ancora dubbie da un punto di vista scientifico, ha riportato il problema nel punto esatto in cui nasce: nel modello attuale di sviluppo e consumo e nelle scelte politiche ad esso conseguenti che vengono operate dalle classi dirigenti del nostro paese. Oggi nessuno ha il coraggio di mettere in atto scelte anti-popolari come le tassazioni delle plastiche e dei vetri che, accanto ad una buona raccolta differenziata, potrebbero cominciare ad avviare la soluzione del problema, riducendo radicalmente “a monte” la produzione dei rifiuti. Maria Pia Laino del Comitato “Mi riguarda” ha parlato del “ciclo integrato” di smaltimento di rifiuti attuato a Parigi, che comprende tra l’altro anche l’uso di alcuni termovalorizzatori. Il piano viene progettato a partire dalla consultazione dei cittadini e prevede il monitoraggio periodico delle loro esigenze. Gianni Morra, anche lui del Comitato “Mi riguarda”, ha cercato di delineare, scegliendo il punto di vista di un comune cittadino, la “ragionevolezza” di possibile politiche di riduzione del danno ambientale. Infine Rosaria, esponente dell’Assise di Palazzo Marigliano, ha sottolineato tra l’altro l’esigenza, sempre più urgente, della mobilitazione dei cittadini per evitare i danni ambientali che si vanno preparando nella nostra Regione.
Continiuiamo il dibattito sul blog?

6 commenti:

Unknown ha detto...

L'incenerimento inquina e costa di più. files.meetup.com/206765/cip6_termovalorizzatori.pdf

Ricordo che il motivo per cui gli industriali italiani stanno pressando per costruire inceneritori è l'affare del CIP6, ovvero il 7% delle nostre bollette dell'enel che va quasi totalmente a loro. Se cadrà la pioggia di miliardi di euro del CIP6 a fine febbraio con un decreto-legge, cadrà l'affare e non discuteremo più dell'incenerimento dei rifiuti in Italia.

Riguardo la nocività dei nuovi inceneritori, sorvolando il fatto che l'OMS considera diossine e furani altamente cancerogeni, invito chi è interessato a leggere quest'articolo del dott. Montantari che ha effettuato studi sulle nanoparticelle. http://www.nanodiagnostics.it/Caso.aspx?ID=12

Concordo con chi afferma che è inutile perdere tempo per trovare soluzioni quando già altri l'hanno fatto prima di noi. Basti pensare che l'Italia è al primo posto in Europa per il trattamento meccanico biologico, alternativa all'incenerimento per lo smaltimento dei residui, ovvero il non riciclabile. Abbiamo anche uno gruppi di ricerca migliori, la Scuola Agraria del Parco di Monza. http://www.rifiutinforma.it/page/news/2006/mag_news.html

Esistono esempi virtuosi in Campania, in Italia e nel mondo, in primis San Francisco negli USA, che ha raggiunto il 70% di differenziata, con obiettivo 100% nel 2020.
Peccato che di queste alternative, di questi esempi, non si parli molto.

Dato che, per uscire da un emergenza lunga 13 anni e costata 2000 miliardi di lire, ci vorranno almeno 4-5 anni (come spiegò all'Assise il prof. Franco Ortolani della Federico II), la proposta che ci sembra più ragionevole e meno nociva è la seguente:

- potenziare al massimo la raccolta differenziata, costituendo una forte filiera industriale per il recupero della materia. Basterebbe da subito iniziare a dividere l'umido (per farne concime) dal secco (per differenziarlo) per evitare il pericolo di epidemie col caldo.

Considerando un impegno costante e capillare nell'informazione e nella sensibilizzazione da parte della nostra amministrazione per il riciclo (che in Campania ha funzionato laddove è stato intrapreso), ricordo che ci potrà essere anche una spinta a riciclare per un motivo economico: chi ricicla paga meno tassa della spazzatura, chi non ricicla (che sia con il porta a porta o con la raccolta nelle isole ecologiche) viene multato. Ricordo infatti che riciclo significa recupero e vendita della materia, quindi denaro che risparmiamo noi cittadini.

Inoltre già paghiamo 2316 addetti alla differenziata che, come ci ha fatto vedere Report, sono con le mani in mano e prendono lo stipendio, quindi potremmo renderli finalmente attivi.

- resta il residuo, il non riciclabile. Come anche Menegozzo ha detto, un inceneritore ha un peso sull'ambiente. Allora, come la legge dice, cerchiamo la soluzione tecnologicamente più perfezionata attualmente, ovvero gli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB), che costano anche un quarto in meno rispetto a un inceneritore medio.

L'Assise presenterà a Bertolaso, a seguito dell'incontro avuto col commissario circa 10 giorni fa, un piano per riconvertire i 7 impianti che producono CdR in impianti a TMB.

Esiste uno studio sul TMB del 2003 di Greenpeace, che, cito testualmente, dimostra, attraverso una dettagliata descrizione tecnica, come a completamento di sistemi di riduzione all'origine e di capillare raccolta differenziata dei rifiuti possa operare un impianto di trattamento degli scarti residui [TMB] in grado di recuperare circa il 70% dei materiali in ingresso.
http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/gestione-rifiuti-a-freddo.pdf


saluti, Massimo

Unknown ha detto...

http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Search&testo=non+bruciamoci+il+futuro&tipo=testo
Questo inoltre è il link di un video che dura 20 minuti fatto dal coordinamento dei Comitati della Piana Firenze, Prato, Pistoia raggruppa al suo interno comitati e associazioni che da anni si oppongono alla costruzione di nuovi impianti di incenerimento, impegnandosi nella diffusione di informazioni sulla loro nocività e sulle reali e attuabili alternative. Ve lo consiglio.

Anonimo ha detto...

Cari amici

ci tenevo molto a partecipare all´incontro con Massimo Menegozzo, ma
purtroppo un impegno improvviso me l´ha impedito.
Ho letto il vostro resoconto e in allegato vi invio un breve
intervento sulla questione dei limiti di legge delle diossine che pochi
conoscono. Vi sagnalo che sul sito della mia associazione (www.
giardinodimarco.it) puó essere scaricato una presentazione in power
point sul problema dei rifiuti, utilizzabile anche a fini didattici.
Saluti
Pio Russo Krauss

L´inadeguatezza della normativa europea sulle emissioni di diossina

La normativa italiana recepisce pedissequamente la normativa europea che prescrive che in ogni metro cubo di fumi emesso da un termovalorizzatore non ci possano essere piú di 100 picogrammi di diossine (1 picogrammo equivale ad 1 miliardesimo di milligrammo, quantità estremamente piccola in sé, ma che fa capire quanto sono pericolose le diossine). Questa norma è stupida perché la diossina non é pericolosa perché la inspiriamo, ma perché si deposita sul terreno e sulle piante, viene assorbita dalle piante e dagli animali (concentrandosi nelle loro parti grasse) e noi poi ci cibiamo di queste piante e animali (latte e derivati, semi, olii, carne, pesce ecc. ). Se è cosí, che senso ha la concentrazione di diossina per metro cubo d´aria? Quello che ha senso è fare in modo che la popolazione assuma il meno possibile di diossina e, in ogni caso, mai oltre la dose tollerabile prescritta dall´OMS (1,4 picogrammi/Kg di peso corporeo). Per fare ció piú che prescrivere le dosi massime per metro cubo di fumi emessi è necessario prescrivere il limite massimo di diossine emesse in un giorno oppure il limite massimo di diossine rilasciate per Kg di rifiuti bruciati oppure il limite massimo di deposizione a terra.
Si consideri inoltre che le diossine sono caratterizzate da una elevata stabilità chimica per cui tendono ad accumularsi sempre di piú.
Per tali motivi, ad esempio, la normativa giapponese stabilisce che, per ogni chilo di rifiuto bruciato, il rilascio totale di diossine nell’ambiente non deve superare la quantità di 5.000 picogrammi. E, nel conteggio delle diossine rilasciate, bisogna contare quelle presenti nei fumi, quelle presenti nelle ceneri pesanti e quelle che si trovano nelle ceneri volanti trattenute dai filtri anti inquinamento.
Nella tabella seguente sono riportate le quantità di diossine misurate in questi diversi comparti, in un moderno termovalorizzatore da 400 tonnellate al giorno, di produzione italiana.

Diossine (pg/kg MPC) %
Scorie 7.590 72.6
Ceneri boiler 580 5.6
Ceneri filtro
a maniche 1.940 18.6
Fanghi 160 1.5
Fumi
Fase gassosa 150 1.5
Fase particellata 20 0.2
Totale 10.440 100

La tabella mostra che in questo impianto, per ogni chilogrammo di rifiuti incenerito, si producono 10.400 picogrammi di diossine, oltre il doppio di quanto prescrive la normativa giapponese.
La quantità di diossine che questo impianto produce ed immette nell’ambiente con i suoi fumi è di 68 milioni di picogrammi!

Nel Belgio (paese U.E) è in discussione una legge che fissa la quantitá massima di diossina che si deposita su un metro quadro di terreno (si propone 3,4 picogrammi/mq) perché da studi compiuti tale dose sul terreno porta a livelli tali di tossina negli alimenti da garantire il non superamento del limite massimo di assunzione pro chilo di peso corporeo stabilito dall´OMS (1,4 picogrammi).
Un inceneritore come quello prima considerato per rispettare la futura normativa belga dovrebbe diffondere la diossina emessa uniformemente su circa 6.000 ettari (60 Kmq), ma questo non avverrá e quindi gli abitanti introdurranno dosi di diossina superiori a quelle stabilite dall´OMS.
In ultimo è interessante notare che il limite di 100 picogrammi per metro cubo di fumi è stato stabilito nel 1989 e che in quegli anni l’OMS stabiliva una dose tollerabile a 10 picogrammi/Kg di peso corporeo. Poi ci sono stati vari studi che hanno dimostrato la tossicità e la cancerogenicità delle diossine anche a dosi più basse, cosicché l’OMS nel 1998 ha ridotto la dose tollerabile a 1,4 picogrammi/kg, ma l’UE ha mantenuto il limite di 100 picogrammi, perché altrimenti molti degli inceneritori costruiti e in costruzione non avrebbero potuto più funzionare.

Dott. Pio Russo Krauss
Medico igienista
Responsabile del Centro di Documentazione e Ricerca sull´Ambiente e la Salute dell´ASL Napoli 1

Anonimo ha detto...

Anche questo ha a che fare con la difesa dell'ambiente!

L'ALLEANZA PER IL PIANETA TERRA (gruppo francese di associazioni
ambientali)
lancia un appello semplice a tutti i cittadini del pianeta:

spegnete la luce
l'1 febbraio 2007 ore 19.55 - 20.00
5 minuti per il nostro pianeta!
Non si tratta di economizzare elettricità,
ma di attirare l'attenzione dei cittadini e dei media, sullo spreco di
energia e l'urgenza di mettere nelle agende dei nostri politici le
questioni ambientali.

Il cambiamento climatico ci riguarda tutti, ma è un argomento
purtroppo
che sembra non importare molto !
Perché proprio l'1 febbario 2007 ?
È il giorno in cui verrà pubbicato il nuovo rapporto del gruppo di
esperti climatici delle nazioni unite.
Questo evento avrà luogo in Francia; non bisogna lasciare passare
questa occasione !
Se riuscissimo veramente a partecipare tutti, questa azione avrà un
reale peso mediatico e politico !
Fate circolare il più possibile questo appello intorno a voi !!

Anonimo ha detto...

Sono essenzialmente d'accordo con quanto detto da Antonio Pastena. La situazione in cui ci troviamo nasce da una sostanziale mancanza di volontà di realizzare da una parte una seria raccolta differenziata nella città di Napoli ed in Campania ( con pochissime isole felici), dall'altra dalla mancanza di leggi che intervengano in maniera pesante "a monte" del ciclo produttivo, con l'introduzione di imballaggi degradabili o riciclabili, vendita di detersivi liquidi a peso in raccoglitore riutilizzabile (cosa attuata in vari supermercati nel Nord Italia), e, ad esempio, reintroduzione dell'uso della bottiglia di vetro con deposito, sia nei supermercati che nei Bar per latte, vino, acqua minerale. Anche sull'uso dell'acqua minerale occorrerebbe ragionare con forme di "suasion" mediante campagne informative, tenendo conto del livello abbastanza di qualità dell'acqua di rubinetto napoletana, d'origine sorgiva e classificata al livello di quella delle migliori sorgenti di minerale italiane. Nessun discorso viene fatto sul recupero dell'umido da cucina, residui delle verdure e piante onde ottenere il Compost, concime organico. Nessuna forma di incentivi, come già prevedeva il decreto Ronchi per i virtuosi nel produrre materiale differenziato, nè per favorire consorzi di conferimento da parte di imprese commerciali per cartone, palstica , vetro e quant'altro, come i tossici rifiuti da officine meccaniche e carrozzerie d'auto. Ovunque poi nelle maggiori metropoli mondiali la raccolta avviene porta a porta il che, se comporta maggiori oneri per le aziende che gestiscono il servizio, si ripercuote in elevata produttività determinata, e si capisce, dalla notevole collocazione del differenziato.
Purtroppo, vedo che si marcia sempre più spediti verso questo termovalorizzatore o inceneritore di rifiuti, come dir si voglia, sul quale comunque i pareri non ci chiariscono granchè nella loro variabilità e contraddittorietà
(anche se fidarsi è bene, non fidarsi è meglio), mentre anche grandi associazioni ambientaliste, non per essere polemici, al di là delle manifestazioni estemporanee della durata di una, due domeniche
per pulire i fondali marini ed i prati delle città non sembrano andare nel sollecitare il ciclo di differenziazione dei rifiuti ed individuare le cause del fallimento.

Anonimo ha detto...

L'anonimo de 10:25 PM, febbraio 01, 2007 è
Antonio Di Gennaro dell'ACUSP.