5.2.09

I paletti di Salita Pontecorvo

La recente posa in opera, da parte della II Municipalità, di una serie di paletti parapedonali destinati a non consentire il parcheggio delle automobili lungo Salita Pontecorvo ha immediatamente provocato una reazione critica da parte di Claudia del Vento e Marcello Mottola che su Agenzia Radicale hanno pubblicato due articoli polemici nei confronti di tale decisione.
Prima di entrare nel merito di alcune loro osservazioni, vorrei proporre una riflessione preliminare su cui ritornerò in conclusione dell'intervento: le nostre autorità cittadine sono ormai abituate da anni a prendere decisioni, senza procedere ad alcuna consultazione preventiva con quella parte di cittadinanza su cui i provvedimenti presi sono destinati a ricadere. Questo accade anche laddove, come nella zona Tarsia, esiste un ampio tessuto di “cittadinanza attiva” che potrebbe svolgere una preziosa funzione di raccordo tra Istituzioni e abitanti del quartiere, aiutando magari ad individuare i reali bisogni del territorio. A Napoli purtroppo ogni istanza di democrazia partecipativa e deliberativa viene fatta cadere nel vuoto e questo va a tutto discapito del più generale rapporto tra Istituzioni e cittadinanza e, soprattutto, della tenuta nel tempo dei provvedimenti presi.
Claudia Del Vento ha centrato il suo intervento soprattutto sul fatto che gli abitanti di Salita Pontecorvo non potranno più parcheggiare l'automobile per strada e dovranno, se ne hanno la possibilità, affittare necessariamente un garage. “Il processo di "anonimizzazione" della strada – scrive - si incrementerà e ne scadrà la qualità di vita dei residenti. È come se la città non volesse più accogliere i propri abitanti, rendendoli più estranei al loro luogo di residenza e rendendo anonimo il loro stesso territorio. Questo è il declino della città a misura d'uomo”. Certo: è indubitabile che il problema del posto macchina si sommerà ai tanti altri che gli abitanti della nostra zona devono affrontare quotidianamente, ma non ci si può esimere dall'interrogarci su quale “città a misura d'uomo” abbiamo in testa ciascuno di noi. Quella in cui viviamo attualmente, secondo la Del Vento, sarebbe tale...? La mia piuttosto è fatta da strade non “marcate” dalla presenza invasiva e nociva del gas di scarico delle automobili, di spazi finalmente liberati e vivibili dai pedoni... Reputo “anonime” invece le strade sommerse da infinite quattroruote che invadono i marciapiedi e non mi permettono di camminare tranquillamente per godermi le forme e gli spazi dei palazzi e delle strade. Il problema è però – come ricorda puntualmente Marcello Mottola – quello della destinazione d'uso degli spazi liberati dalle automobili (si tratti di Piazza Plebiscito, Piazzetta Olivella o Salita Pontecorvo). In mancanza di un qualsiasi progetto che preveda una panchina, degli alberi o qualsiasi altra cosa, non è improbabile ad esempio che il curvone di Salita Pontecorvo - che non vede passaggio di pedoni che piuttosto utilizzano le scalette che conducono alla Chiesa - venga adibito probabilmente “a smistamento di rifiuti indifferenziati da parte di cittadini poco civici, i quali, come già fanno in parte, depositano lungo la strada frigoriferi, carcasse di motorini, mobili in disfacimento, reti metalliche, materassi, lavastoviglie, televisori, scatole di farmaci e pneumatici”. A questo punto sarebbe lecito domandarsi se non sarebbe stato meglio lasciare quelle poche decine di metri al parcheggio, limitando così il disagio dovuto alla diminuzione complessiva dei posti macchina nella zona.
La Municipalità - che comunque ha il grosso merito di aver finalmente progettato un intervento di riqualificazione delle nostre strade - avrebbe dovuto però, prima di procedere, aprire una qualche forma di consultazione nel quartiere o per lo meno aprire un canale di ascolto con la cittadinanza tutta. Ora eviti che il curvone di Salita Pontecorvo diventi una discarica a cielo aperto!

Sergio Bizzarro

Immagine: Curvone di Salita Pontecorvo in agosto senza automobili e spazzatura

20.1.08

Alcune note sui rifiuti campani

del dott. Antonio Pastena
Lo scopo di queste note è quello di voler fornire quella che è una mia lettura della situazione dei rifiuti campani, partendo dalla mia esperienza professionale di chimico operante da oltre vent’anni in questo settore. Volutamente queste note tralasciano l’elencazione dettagliata di numeri e riferimenti legislativi, cercando solo di dare una traccia di riflessione.
1 – I rifiuti solidi urbani della Campania
Nessun discorso serio si può condurre sulla crisi della gestione dei rifiuti campani se non si parte dalla corretta definizione di questi rifiuti, diversi in composizione da quelli mediamente descritti in letteratura. Nel rifiuto campano troviamo infatti: enormi quantità di imballaggio da attività commerciale ed edilizia; grandissime quantità di rifiuto artigianale spesso tossico (dal fusto di solvente del carrozziere a quello di colla del suolificio, etc.); rilevanti quantità di rifiuto industriale (fanghi di rettifica o di galvanica, scarti di colorifici, etc.) provenienti da fabbriche ufficiali e clandestine.
Questa osservazione, fondamentale per capire di cosa stiamo parlando, trova verifica in due fatti:
l’aumento di produzione di rifiuti solidi urbani negli ultimi anni (a Napoli da 510 kg/ab/anno a 580, dati ufficiali), non certo giustificabili con un repentino aumento del tenore di vita;
la qualità del percolato prodotto da questi rifiuti, che arriva ad un valore di 140000 mg/l di COD, che potremmo considerare il parametro spia per il carico inquinante (valore non rintracciabile in letteratura internazionale per percolati da RSU).
Ma come arrivano questi rifiuti non urbani nella massa degli urbani? Due sono le strade: l’abbandono incontrollato nelle strade e nei cassonetti (e con i cumuli presenti in questi giorni l’operazione è favorita e in forte crescita), la corruzione di singoli operatori che per “mazzette” caricano nel proprio compattatore rifiuti industriali durante il giro di raccolta. In passato hanno inciso anche le dubbie gestioni dei siti di stoccaggio e trattamento provvisori affidati a società private operanti nel settore dei rifiuti industriali.
Chi avrebbe dovuto vedere tutto ciò e non l’ha fatto, e perché?
I Comuni e le società di raccolta (ASIA, Consorzi vari) impegnati nella distribuzione clientelare dei posti di lavoro non hanno mai attivato controlli e raccolta differenziata per insipienza e, talvolta perché, per quieto vivere, hanno lasciato la gestione dei traffici illeciti nelle mani di figure equivoche assunte, con cui non si è mai voluto entrare in contrasto per paura o per interessi elettorali.
Le società di smaltimento e di stoccaggio (vedi FIBE, FISIA, siti “provvisori”), avevano interesse a quantitativi quanto maggiori possibile essendo pagati a peso (e così non conviene guardare troppo per il sottile su cosa arriva e non si deve mai avviare la raccolta differenziata).
Gli organi di gestione e controllo (e che per le varie competenze comprendono Comune, Provincia, Regione, anche come ARPAC e nel nostro caso Stato, essendo il Commissariato di Governo), non hanno mai provveduto a fare una serie analisi della composizione merceologica del RSU campano per non scoperchiare una pentola politicamente scomoda.
Io stesso ho dovuto scontrarmi con organismi pubblici e privati per affermare la verità sui percolati campani: i dati ufficiali parlavano di un COD intorno a 30000, mentre il dato reale era, come detto, di 140000, ammetterlo era ammettere la natura industriale del rifiuto, ed in più ammetterlo era interrompere l’enorme movimentazione di questi liquami presso impianti improbabili distribuiti per l’Italia centro-meridionale, con fatturati elevatissimi regalati a ditte private. Su questo c’è da dire che pur essendo stato riconosciuto il reale carico inquinante del percolato, non è cambiata la sua gestione.
2 – Le conseguenze
Da quanto detto precedentemente si ricavano delle conseguenze inquietanti:
il rifiuto abbandonato per le strade ha dei rischi di natura chimico-biologica superiore a quello preventivabile;
la movimentazione di questi rifiuti presenta criticità per la popolazione e gli operatori;
il conferimento di questi rifiuti ai CDR espone gli operatori a rischi accessori nelle fasi di manipolazione, ed in più nulla si sa sulla composizione dell’aria estratta ed emessa nell’atmosfera;
la FOS (frazione organica stabilizzata, ovvero l’umido separato dai CDR), prodotta (che dovrebbe servire a recuperi ambientali) non è determinata nei suoi inquinanti;
le ecoballe prodotte, oltre a non essere dotate di adeguato potere calorifico, non sono idonee alla combustione in un impianto per RSU (a tal proposito si veda il recentissimo sequestro dell’inceneritore di Terni, che ha emesso sostanze inquinanti in atmosfera per aver combusto materiali difformi);
il percolato prodotto da questi rifiuti ha un carico inquinante devastante.
3 – Cosa fare
Voglio esprimere in breve qui di seguito quali possono essere, sulla scorta di quanto detto, le misure a mio avviso indispensabili e di pronta efficacia, considerando la fase emergenziale e quella di messa a regime (si potrebbe facilmente calcolare attuabile in pochissimi mesi):
Emergenza
realizzazione di piazzole di stoccaggio provvisorio comunali realizzate secondo norma (impermeabilizzazione, raccolta di percolati ed acque meteoriche, controllo di odori e animali, etc.) da funzionare per non più di 15 giorni;
esatta valutazione della composizione del rifiuto campano abbandonato;
esatta valutazione della composizione di FOS ed ecoballe;
interramento controllato dei materiali ormai non più separabili;
gestione controllata dei percolati;
ripristino delle aree di stoccaggio:
Messa a regime
moratoria per un anno su tutto il territorio regionale dei contenitori usa e getta;
creazione di un sistema di controlli e sanzioni per le attività commerciali basato sul conferimento ai consorzi di filiera delle quantità di imballaggio desumibile dalla quantità di merci vendute;
creazione di un sistema di controlli e sanzioni per le attività edilizie di costruzione, demolizione e ristrutturazione;
avvio della raccolta differenziata porta a porta con sistema premiale e sanzionatorio strutturata su più tipologie (umido, metalli, carta, plastica, vetro, urbani pericolosi, quota residuale indifferenziata);
esatta valutazione della composizione del rifiuto campano raccolto;
creazione di siti di stoccaggio per i materiali secchi ogni 30-40000 abitanti dove conferire la raccolta differenziata e immediatamente collegati ai consorzi di filiera (per una città come Napoli se ne potrebbero creare anche 20-30);
creazione di almeno 15 impianti di compostaggio in Campania dove conferire l’umido differenziato unitamente agli scarti da potatura e da mercati ortofrutticoli, con la possibilità di creare un marchio DOP del compost di qualità campano (onde avere anche un rilancio di immagine della nostra martoriata terra);
esatta valutazione merceologica della quota residuale di rifiuto (che non dovrebbe superare il 20% dell’attuale) per valutarne la destinazione finale più opportuna (potendo non essere necessariamente l’incenerimento il più conveniente).
4 – Un’ultima osservazione
L’ultima osservazione che voglio fare è sull’individuazione di siti di smaltimento definitivo che si sta attualmente indirizzando su vecchie discariche chiuse (Pianura, Terzino, Ariano Irpino, etc.). La legislazione ambientale ha sempre previsto (già dal 1984), delle fasi di gestione cosiddetta post-mortem delle discariche, gestione estremamente dettagliata in legislazione del 2003. La competenza del controllo e dell’effettiva realizzazione del post-mortem è in primis nelle mani dei Comuni. Perché non è stato fatto? E soprattutto perché non sono disponibili i dati degli impatti ambientali (su suolo, sottosuolo, acque, aria) obbligatori in queste leggi? Chi è stato a non produrli e a non imporre che fossero prodotti e nel contempo a consentire che spesso in queste aree si siano sviluppate attività antropiche anche turistiche, con conseguente valorizzazione commerciale di aree probabilmente inquinate di proprietà di chi aveva gestito le discariche?

2.1.08

La cittadella sacra, sede di mostre/laboratorio per la scienza e per l'arte

La nostra associazione è “una associazione di volontariato per fini di solidarietà umana” che “promuove e realizza attività volte alla valorizzazione della persona umana” e tra queste promuove “attività educative a favore dei minori”, quindi il “doposcuola” per i bambini del quartiere, che da alcuni mesi stiamo, con successo, facendo è quasi un dovere.
Bisogna però andare avanti. Tutti noi, infatti, avvertiamo la necessità di far crescere i ragazzi del quartiere dando loro le opportunità e gli stimoli che ciascuno di noi ha dato e dà ai propri figli.
Abbiamo la fortuna di vivere e, come associazione, operare in una zona di Napoli ricca di testimonianze storiche ed architettoniche: i complessi della cittadella sacra (Gesù e Maria, le Periclitanti, le Cappucinelle, S. Giuseppe a Pontecorvo), l’area di Montesanto, a due passi dai
Decumani e dai Complessi Monastici di Piazza Dante, S. Chiara e S. Maria la Nova.
Su questi beni ciascuno di noi vigila e per alcuni di questi beni che versano in uno stato di abbandono abbiamo più volte sollecitato interventi di restauro e di recupero.
Vedi i documenti presenti sul nostro sito http://www.forumtarsia.it/
Anzi quest’opera di vigilanza sta, di fatto, diventando anch’essa un fine istituzionale della nostra associazione. Vigiliamo perché siamo consapevoli del valore e della bellezza di queste testimonianze storiche ed architettoniche. Bisogna trasmettere questa consapevolezza ai nostri giovani. Ma non basta!
Tutti noi sappiamo bene l’importanza della cultura scientifica e come questa sarebbe utile ai nostri ragazzi. La mia lunga esperienza nell’insegnamento della Fisica mi ha fatto anche comprendere l’importanza degli esperimenti e come questi accendano la curiosità, stimolino la voglia di capirne di più e, a volte, possano addirittura cambiare il corso di una vita. Questa consapevolezza mi ha spinto, come spiego più avanti, a promuovere negli anni recenti delle mostre ludiche-interattive di Fisica, che hanno avuto successo, sono state utili, ma hanno avuto il limite di riguardare la sola Fisica e di essere state solo degli episodi (anche se esaltanti!).
Negli ultimi mesi mi sono convinto che un modo veramente efficace per avvicinare i nostri ragazzi alla cultura scientifica può essere quello di mettere a loro disposizione, nelle immediate vicinanze della scuola o della casa, una Mostra permanente per l’Educazione scientifica, che utilizzi materiale “povero” e sia ricca di esperimenti facilmente riproducibili dai singoli anche a
casa propria ed eventualmente corredata dalla attività “Adotta un esperimento” già collaudata con successo. (Vedi più avanti)
La Mostra dovrà essere non solo di Fisica, quindi, ma anche di Chimica, di Biologia, Matematica, Scienze della terra , Economia etc. Essa, essendo permanente, non avrà i limiti di una Mostra temporanea, che dopo un poco finisce come uno spettacolo teatrale, lasciando solo un vago ricordo e tante energie spese non al meglio; essendo, invece, permanente, rappresenterà il luogo nel quale convergono i contributi, già pronti, dei tanti insegnanti della zona e costituirà una continua spinta sia per gli insegnanti che per gli appassionati a produrre materiale stimolante educativo, interattivo. Nei locali della Mostra dovrebbe essere disponibile(a costo irrisorio!) materiale “povero” per la riproduzione casalinga degli esperimenti.
Spero, (ma ne sono sicuro!) di trovare collaboratori sia tra gli insegnanti universitari che gli insegnati della scuola, nonché tra giovani studenti e persone appassionate. La Mostra dovrà nascere dal basso: raccogliere i contributi dei singoli docenti delle singole scuole della zona. Data la sua natura di centro di quartiere essa dovrà essere articolata su parecchie sedi (si parte con una e poi man mano si aumenta).
Il materiale in mostra dovrebbe “migrare” tra le varie sedi periodicamente (per es. ogni sei mesi) così in ogni sede si possono visitare e sperimentare cose diverse a distanza di tempo.
L’aiuto principale al funzionamento del tutto dovrebbe venire dalle organizzazioni degli insegnanti e dal volontariato. In ogni sede ci saranno delle biblioteche e, periodicamente, verranno fatti seminari di divulgazione e di inquadramento storico.
Ovviamente sarà fondamentale tener conto della lunga e prestigiosa esperienza di città della Scienza, anche se le singole sedi saranno molto piccole rispetto a Città della Scienza.
La prima sede che vedo è proprio nella Cittadella sacra: nell’ex carcere Filangieri o nei locali della chiesa di Gesù e Maria o in quelli della chiesa di S. Giuseppe a Pontecorvo o in una delle tante scuole o in due o più di queste sedi. Tra le possibili sedi non escluderei case di privati “mecenati” appassionati e disponibili.
In questa nostra Cittadella ci sono anche fermenti artistici. C’è lo stupendo progetto di Mostra/Laboratorio ideato da Peppe Morra. Vedi dettagli al sito
http://www.fondazionemorra.org/
La sinergia con la fondazione Morra ci arricchirà sicuramente.
Queste è l’idea. Una sorta di “uovo di Colombo”...
Come si può fare per realizzarla?
Il progetto è ambizioso.
Sarei felice se nel 2013, in occasione del Forum delle Culture esso fosse già realtà.
Le tappe sono sicuramente tante e legate a tante forze diverse.
Ecco che per coordinare le forze, per chiarirci le idee e, nell’immediato, per far rivivere la Cittadella, alcuni di noi e del CAMeO hanno organizzato una serie di Conferenze-con- Discussione nella sala conferenze della Chiesa di S. Giuseppe (Il calendario lo trovate in allegato).
Le conferenze vogliono coinvolgere l’intera città sulle sorti dei nostri luoghi.
Questo spiega il coinvolgimento del Rettore: Guido Trombetti, del fondatore della Città della Scienza: Vittorio Silvestrini, del Direttore dell’Acquario: Roberto Di Lauro, del Presidente del Polo delle Scienze Umane e Sociali: Massimo Marrelli, del Presidente della II municipalità: Alberto Patruno e del già Responsabile dei beni Culturali della Curia: Padre Eduardo Parlato
Per farci conoscere meglio i beni che ci circondano Italo Ferraro apre il ciclo di conferenze sulle ricchezze della Cittadella Sacra.
Peppe Morra ci spiega i suoi progetti sulla Mostra/Laboratorio Hermann Nitsch ed il suo inserimento nel “Quartiere per l’arte”.
Renata Picone ci illustra come è possibile restaurare i nostri beni architettonici.
A metà del cammino io illustrerò le esperienze e le idee che mi hanno spinto a farmi promotore di questo progetto e parlerò dell’impatto che esso potrebbe avere sul nostro quartiere, nonché sull’intera città.
Le motivazioni profonde che mi spingono a vigilare sui beni artistici e mi obbligano alla realizzazione di questo progetto risiedono nei seguenti due fatti: insegno Fisica da più di trenta anni e sono nato a S.Chiara. Sono cresciuto tra S. Chiara, Piazza Dante, Montesanto fino ad approdare a Pontecorvo. Quasi ogni pietra di questa parte di Napoli mi suscita ... .un ricordo.... un senso di orgoglio e a volte.., una fitta di dolore.
La mia lunga esperienza di insegnante di Fisica mi ha fatto comprendere, lentamente negli anni, ma sempre più vigorosamente, l’importanza degli esperimenti e come questi possano accendere la curiosità e…a volte, cambiare una vita.
Quindi nel 2000-2001 ho dedicato molto tempo e fatica per far venire a Napoli la Mostra divulgativa-interattiva dell’INFM (Istituto Nazionale di Fisica della Materia), “Frammenti di Imparagiocando”. Potete trovare informazioni sulla mostra nel sito
http://divulgazione.infm.it/Framm_impg/
La mostra si è tenuta al centro di Napoli per 20 giorni e sono venute tantissime scuole a visitarla, ha avuto molto successo.
Qualche informazione sull’edizione napoletana si trova al sito
http://divulgazione.infm.it/Framm_impg/Edizioni/Napoli/index.html
Già in quella occasione avevo invitato le scuole di Napoli ad affiancare al materiale della Mostra (prodotta quasi tutta a Genova), i materiali prodotti a Napoli. Ci fu un solo contributo locale: le immagini prodotte dagli ologrammi.
In quella occasione i problemi principali furono le spese di trasporto del materiale da Genova a Napoli, la ristrutturazione di alcuni ambienti del Vittorio Emanuele per poter ospitare i 500mq della mostra, e tanti altri legati alle prenotazioni, agli ingressi etc..
Anche se avevo numerose e valide collaborazioni tra i colleghi del Dipartimento di Fisica, mi stancai moltissimo.
Però a distanza di soli 3 anni nel 2004, ho spinto la nostra associazione ad organizzare nelle scale mobili del Parco Ventaglieri, la mostra” Luci e Colori”. I nuovi iscritti che non hanno vissuto quelle eroiche giornate possono trovare parecchio materiale sulla mostra nel sito
http://www.forumtarsia.it/cartelle/colorilici.htm
Anche questa volta abbiamo lavorato tanto, ma in maniera più gratificante, organizzavamo i pannelli, gli esperimenti, gli exhibits.
Il grande vantaggio di questa mostra era il fatto che era rivolta ai passanti. Non c’era bisogno di prenotazione. Le scale erano molto frequentate! Molti ragazzi potevano vedere la mostra (e... alcuni particolarmente interessati... rubare pezzi, da me e dagli altri dell’associazione regolarmente e pazientemente sostituiti). Inoltre i ragazzi di alcune scuole della zona partecipavano con la sezione “Adotta un Esperimento” (...illustravano ai passanti l’esperimento ed il suo contenuto scientifico).
In quel caso il materiale della mostra l’avevamo prodotto noi del Forum Tarsia. Tuttavia anche questa seconda esperienza è stata molto faticosa. Personalmente ho avuto per mesi difficoltà a passare nelle scale mobili, senza la Mostra avvertivo un vuoto incolmabile.
Questi sono stati gli sforzi volti alla divulgazione.
Io, però, sono arrivato a capire l’importanza della divulgazione solo dopo trenta anni di insegnamento universitario. Perché non accorciare i tempi?
Negli ultimi anni sono venuto a contatto con la comunità nazionale ed internazionale che lavora sulla didattica ed ho trovato un metodo di insegnamento della fisica abbastanza lontano da quello tradizionale, un metodo che fa della divulgazione il metodo stesso dell’apprendimento. Si chiama il Corso di Fisica di Karlsruhe, dal nome della città della Baden-Wut. dove è stato pensato e sperimentato.
Questo è il motivo per cui nel 2006 ho dedicato gran parte delle mie energie ad organizzare un Convegno Nazionale sul tema “Innovazione nella didattica della fisica”. Mi sono avvalso della collaborazione di tante persone, ma principalmente di un collega di Torino (Corrado Agnes) ed uno di Messina (Beniamino Ginatempo). Informazioni sulla fisica di Karlsruhe e sul convegno si possono trovare al sito
http://innovazione.na.infn.it/
L’obiettivo del convegno era di portare a conoscenza della comunità degli insegnanti sia universitari che di scuola, i pregi ed i difetti di questo nuovo metodo (anche se ha già venti anni di sperimentazione!) e di indirizzarli sulla via della divulgazione.
Ancora una volta ho fatto tanta fatica, non ancora terminata: gli atti del Convegno sono in preparazione e verranno distribuiti gratuitamente ai circa 300 partecipanti.
Questi sono i precedenti.
Concludo questa appassionata lettera con un sogno che spesso mi faccio:
Vedo anche le nostre viuzze pullulare oltre che di artisti anche di ragazzi e giovani felici di aver appreso, sperimentando direttamente..., qualche importante legge di natura... qualche importante algoritmo.., il ruolo di un qualche tessuto cellulare.., qualche capitale legge di economia etc.
P.S. Sarebbe importante organizzare oltre che il ciclo di Conferenze ”…. La Cittadella Sacra tra Passato e Futuro..” anche, in collaborazione con altre realtà di cittadinanza attiva, tra cui Parcosociale Ventaglieri,( http://www.parcosocialeventaglieri.it/pagine/home.htm
una serie di eventi, intitolata “il Presente della Cittadella Sacra”fatta di eventi volti all’attualità e fruibili da giovani, ragazzi e persone del quartiere.

Franco di Liberto
Natale 2007

26.1.07

L'uso dei termovalorizzatori nel ciclo integrato dei rifiuti in Campania

Mercoledì 24 gennaio alla Facoltà di Architettura di Via Tarsia si è discusso con Massimo Menegozzo, Direttore tecnico dell’ARPAC, dell’”Uso dei termovalorizzatori nel ciclo integrato dei rifiuti in Campania”. L’auspicio del Forum Tarsia di promuovere una discussione “di approfondimento”, basata in primo luogo sull’analisi critica dei dati e delle conoscenze attualmente disponibili, per innestare poi su di essi una riflessione il più possibile “ragionata”, può dirsi nel complesso realizzato, anche per la chiarezza degli interventi e per il clima sereno e civile del confronto. Nell’aula accanto a cittadini della zona Tarsia, del Centro storico e del Vomero erano presenti anche esponenti di associazioni ambientaliste e di “cittadinanza attiva” della città (oltre al Forum Tarsia, l’ACUSP, il WWF, il Comitato “Mi riguarda”, l’Assise di Palazzo Marigliano e Allarme Rifiuti Tossici).
Introducendo l’incontro, Sergio Bizzarro del Forum Tarsia ha sottolineato la necessità – soprattutto per chi crede nella democrazia partecipativa e nel ruolo che tutti i cittadini devono assumere nei processi decisionali – di creare luoghi di riflessione sottratti alla “semplificazione” spettacolare o degli schieramenti precostituiti; luoghi in cui possano prender forma liberamente i “giudizi” delle persone anche in merito a problemi di non facile approccio, come appunto quella dei termovalorizzatori. D’altra parte l’aspetto controverso della questione è stato messo in evidenza sin dall’inizio da Massimo Menegozzo che non si è detto possessore di alcuna certezza e ha invitato metodologicamente a porre il tema all’interno del contesto campano, evitando, almeno all’inizio della riflessione, la facile contrapposizione “a favore/contro”. Il dato da cui partire è l’esistenza di un’anomalia “campana”: da dodici anni infatti la nostra Regione vive un’emergenza rifiuti ed è in qualche modo scontato che ci siano “interessi forti”, non ultimi quelli della camorra, perché si mantenga la situazione “di stallo” attuale. D’altra parte in questo periodo la classe dirigente non ha preso in alcun modo in considerazione la possibilità di dar vita ad un ciclo integrato dei rifiuti, come ad esempio è accaduto a Brescia, e, magari, all’interno di questo, collocare anche l’ipotesi della costruzione o meno di un termovalorizzatore. Lo stesso proponimento di procedere alla raccolta differenziata, possibile alternativa, non ha trovato poi una reale volontà di attuazione, per cui al momento è del tutto utopistico pensare che nell’immediato futuro si riescano a raggiungere le percentuali di raccolta previste dalla legge.
La scelta negli anni ’90 di costruire l’impianto ad Acerra è stata “calata dall’alto”, al di fuori di ogni possibile consultazione delle Istituzioni e delle comunità locali, ma soprattutto al di fuori di un convincente ragionamento generale sul modo migliore di risolvere il problema. L’allarme della popolazione e dell’opinione pubblica si è concentrata a questo punto soprattutto sulle significative concentrazioni di diossina presenti nella zona.
Dopo una prima Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) fatta nel 1999, estremamente carente, nel 2004 ne è stata portata a termine una nuova, ad opera di una quarantina di esperti che hanno valutato gli effetti di una possibile collocazione dell’impianto sul territorio di Acerra, dopo aver verificato con attenzione le condizioni di rischio precedenti, legate alla presenza di insediamenti industriali, alla possibile contaminazione delle falde acquifere (a causa della mancanza di un collettore in grado di collegare le acque ad un depuratore già esistente in zona) e al traffico intenso. Si parla a proposito di territorio ad alto fattore di rischio. Questa VIA ha pertanto determinato delle sostanziali modifiche al progetto, attivando nel contempo un monitoraggio più frequente della diossina presente sul territorio. A fronte di questo scenario sicuramente inquietante, c’è un ulteriore dato sconfortante su cui riflettere: secondo le previsioni degli esperti, quando verrà attivato il termovalorizzatore, la quantità di diossina prodotta potrebbe essere inferiore a quella oggi presente in loco, effetto dei “fuochi” selvaggi spesso attizzati dalla popolazione esasperata. Massimo Menegozzo ha messo a disposizione delle associazioni presenti i dati di cui è in possesso.
Il dibattito a seguire è stato interessante e costruttivo e se ne da qui solo una breve sintesi.
Massimo Ammendola, del Comitato Allarme Rifiuti Tossici ha rimarcato l’estrema pericolosità di un possibile funzionamento di un termovalorizzatore in una zona già profondamente inquinata, ricordando tra l’altro come la combustione apra ulteriori problemi di smaltimento, come quello delle ceneri prodotte, e proponendo come alternativa la cosiddetta “gestione a freddo dei rifiuti”. Antonio Pastena, associato al “Forum Tarsia”, rifiutando facili ipotesi di soluzione alternative, ancora dubbie da un punto di vista scientifico, ha riportato il problema nel punto esatto in cui nasce: nel modello attuale di sviluppo e consumo e nelle scelte politiche ad esso conseguenti che vengono operate dalle classi dirigenti del nostro paese. Oggi nessuno ha il coraggio di mettere in atto scelte anti-popolari come le tassazioni delle plastiche e dei vetri che, accanto ad una buona raccolta differenziata, potrebbero cominciare ad avviare la soluzione del problema, riducendo radicalmente “a monte” la produzione dei rifiuti. Maria Pia Laino del Comitato “Mi riguarda” ha parlato del “ciclo integrato” di smaltimento di rifiuti attuato a Parigi, che comprende tra l’altro anche l’uso di alcuni termovalorizzatori. Il piano viene progettato a partire dalla consultazione dei cittadini e prevede il monitoraggio periodico delle loro esigenze. Gianni Morra, anche lui del Comitato “Mi riguarda”, ha cercato di delineare, scegliendo il punto di vista di un comune cittadino, la “ragionevolezza” di possibile politiche di riduzione del danno ambientale. Infine Rosaria, esponente dell’Assise di Palazzo Marigliano, ha sottolineato tra l’altro l’esigenza, sempre più urgente, della mobilitazione dei cittadini per evitare i danni ambientali che si vanno preparando nella nostra Regione.
Continiuiamo il dibattito sul blog?

24.10.06

Notte bianca a Napoli: tutti caimani?



“Ciò che appare è buono, ciò che è buono appare”
Guy Debord, La società dello spettacolo

Quale giudizio dare della seconda notte bianca napoletana? E' lecito parlare di una salutare riappropriazione da parte della cittadinanza degli spazi della città, sottratta almeno per una notte all'azione nefasta della criminalità organizzata? Giudicarla pertanto come una prefigurazione propositiva di quello che potrebbe essere Napoli - se lo volessimo tutti quanti insieme, cittadini e istituzioni - , in tutti i giorni dell'anno? O non è più giusto, piuttosto, valutarla come un ipocrita e inaccettabile risarcimento, da rispedire al mittente, “di altre 364 notti e altrettanti giorni fatti di scippi, violenza, camorra e vite perdute”? “Passata la nottata” - quest'anno sicuramente meglio organizzata e che ha risposto sicuramente in modo efficace ad un bisogno di evasione e di festa del popolo napoletano - forse sarebbe il caso di riflettere più approfonditamente sul senso generale della “proposta spettacolare” - notti bianche, eventi artistici, mostre ed altro - in una situazione come quella napoletana. Può essere interessante, a proposito, partire dalle considerazioni di un grande “irregolare” della cultura del Novecento, Guy Debord, che apriva il suo grande libro del 1967 “La società dello spettacolo” con queste parole: “Tutta la vita delle società nelle quali regnano le condizioni moderne di produzione si annuncia come un cumulo immenso di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione”. Quali sono gli effetti pratici di questa espropriazione diretta dell'esperienza di vita? “Lo spettacolo – rispondeva Debord - è il cattivo sogno della società moderna incatenata, che non esprime in definitiva se non il suo desiderio di dormire. Lo spettacolo è il guardiano di questo sonno, è l'autoritratto del potere all'epoca della gestione totalitaria delle condizioni di esistenza“. La posizione di Debord è senza dubbio “apocalittica” e risente sicuramente di quella radicalità che da lì a qualche mese sarebbe esplosa nella grande ribellione del '68 parigino. Ma siamo veramente sicuri che queste parole non contengano ancora elementi di verità? L'atteggiamento passivo che “la società dello spettacolo” veicola non è ancora un dato di fatto inoppugnabile?
La pervasività dello spettacolo nella nostra società oramai non ha limiti: non si tratta solo del berlusconismo imperante fino a qualche mese fa - che forse è da valutare solo come un epifenomeno tra gli altri, speriamo passeggero, della “società dello spettacolo” - , ma anche della sua variante “di sinistra” che presenta lontane ascendenze: dalle estati romane niccoliniane alle feste di piazza, dai premi letterari, fino all'omaggio che da qualche settimana il giornalista Santoro, sfidando ogni senso del ridicolo, va tributando, ad inizio della sua trasmissione “AnnoZero”, ai nuovi martiri della libertà: Biagi, Luttazzi e Sabina Guzzanti! Ancora: come non sottolineare come l'unico gruppo che abbia tentato di organizzare un'opposizione alla notte bianca napoletana sia quello degli “amici di Peppe Grillo”: giovani ammirevoli che si presentano come “amici” di un uomo certamente impegnato civilmente e politicamente, ma pur sempre “uomo di spettacolo”...Forse, come non troppo velatamente ci ha suggerito Nanni Moretti nel suo ultimo film, la spettacolarizzazione imperante ci sta trasformando tutti in caimani.
Qualche anno fa il Forum Tarsia portava avanti come al solito la protesta per ottenere la rimozione del cumulo di rifiuti ingombranti che oramai stabilmente si forma nel curvone di Salita Pontecorvo. Una mattina finalmente trovammo la strada linda e pulita come non mai, senza la minima presenza di residui di sacchetti, che normalmente anche dopo una pulizia accurata della strada si è soliti trovare: tutto lustrato a lucido! Tutto frutto della nostra azione, pensammo! Dopo qualche metro dovemmo prontamente ricrederci per capire il motivo reale di quella pulizia: una troupe della RAI si preparava a girare una scena della “Squadra”, ricordando a noi e a tutti i cittadini del quartiere che lo spettacolo è persino più importante della politica!
Dobbiamo per questo rinunciare all'impegno, alla partecipazione, alla responsabilità – tutte cose di cui Napoli oggi, si dice, ha più che mai bisogno? Sicuramente no! Chiediamoci però se queste cose – impegno, partecipazione, responsabilità - hanno a che fare con l'attuale processo di spettacolarizzazione che ha trovato proprio nella notte bianca una sua manifestazione non secondaria....
Passata la nottata”, dopo qualche giorno la città si è risvegliata nuovamente invasa da cumuli di spazzatura a causa dell'ennesima “emergenza rifiuti in Campania”, ricordandoci che Napoli per riscattarsi non ha bisogno di caimani, ma della politica sottratta allo spettacolo: quella, per intenderci, che riconsegna lo scettro della sovranità ai cittadini.
Lo spettatore è interessato ad altro: “Chi non fa che guardare per sapere il seguito - scrive Debord - non agirà mai".
Sergio Bizzarro

19.5.06

Chi votare per la nostra municipalità?

Il Forum Tarsia è un’associazione che ha a cuore la vivibilità del quartiere, il rispetto delle minoranze e la “solidarietà umana” (come da statuto!); essa è quindi aperta a tutti i contributi coerenti con tali principi.
Per la sua natura territoriale, l’associazione è interessata ad avere interlocutori attenti nel consiglio della Municipalità , in questa logica , (dopo essermi consultato con altri membri dell’associazione) mi permetto di dare (in ordine alfabetico!) le seguenti indicazioni di voto per la Municipalità 2
( Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Mercato e Pendino) :

Comunisti Italiani: Rega Maria Luisa
Decidiamo insieme : Califano Assunta (detta Susanna), Nunzio Rovito
D. S. (Democratici di Sinistra): Auriemma Raffaele, Sepe Rita
Rifondazione Comunista: Aiello Giuseppe, Assante Elena, De Stasio Giuseppe Renato (detto Pino), Meglio Antonio
Verdi Paola Pozzi.

Invito i candidati proposti a mettere su questo blog
(utilizzando lo spazio Comments):
1) il curriculum e programma elettorale sulla municipalità 2
2) il proprio recapito di posta elettronica ( in modo che si possa aprire con
essi un dialogo)

P. S. Oltre i precedenti ci saranno di certo nei partiti indicati altri candidati che possono svolgere il ruolo di interlocutori attenti –Si facciano avanti col loro curriculum!!

vostro
Franco di Liberto

23.4.06

Indovina cos'è!











"indovina cos'è...?"
...la partecipazione...
l'attenzione...
l'autismo.
Le migliori risposte saranno premiate nella Festa che faremo nel ParcoVentaglieri e poi in quella che faremo nella Chiesa di S. Giuseppe.

Abbracci!

Franco di Liberto